“Sono un feticista dei piedi”. Ecco cosa sta alla base di questa indole.


Il feticismo dei piedi è uno degli aspetti che caratterizzano la sessualità umana, ma è considerata ad oggi una “parafilia” (tra l’altro, tra le più diffuse), ovvero quelle anomalie nel campo del sesso che fino a non molto fa erano indicate come vere e proprie perversioni. Il feticismo consiste nello spostare la propria attenzione sessuale dal partner, nella sua interezza, ad una sua esclusiva zona del corpo (in questo caso i piedi), trasformandola nella sua unica fonte di attrazione ed eccitazione.
Un comportamento sessuale di questo tipo, comune sia nel mondo eterosessuale che in quello omosessuale, talvolta viene visto come una forma di umiliazione e di sottomissione. In realtà è il feticista quello che, quasi sempre, rimane appagato dall’adorazione attiva di precise parti del corpo.
Questo dipende dal fatto che il feticismo ha radici psicologiche profonde, dipendendo da una frammentazione di ricordi dell’infanzia: il seno della madre mentre allatta, una voce rassicurante, le mani che accarezzano, i capelli che abbiamo sfiorato e così via… È in questo modo che si svilupperebbe il feticismo all’interno della “coscienza”, quando cioè riaffiorano certe sensazioni, certi tasselli di piaceri dal passato.
Freud, già nel 1927, parlava di feticismo per proteggersi dalla paura della castrazione maschile: concentrandosi su una zona del corpo femminile impediva agli uomini di vedere la donna come nuda e senza pene.
Ma quando il feticismo, da “semplice passione”, diventa un’esperienza sessuale a tutto tondo?
Il feticismo viene considerato sesso estremo laddove supera le regole che sono proprie di un amore “normale”, quando cioè il desiderio del feticcio viene fissato indipendentemente dalla persona in sé, distaccandosi del tutto e diventando un oggetto sessuale vero e proprio, autonomo.
Esistono quattro stadi di feticismo:
– quando un partner vuole che l’altro indossi determinati indumenti, soprattutto intimi (calze, mutande…);
– quando tali indumenti saranno sufficienti per sfogare autonomamente il proprio piacere, senza il bisogno del partner;
– quando il procurarsi piacere con gli oggetti sarà superfluo e basterà guardare, toccare o indossare gli indumenti per raggiungere il soddisfacimento personale;
– quando il piacere scompare del tutto, tanto è alta l’ossessione e tanta è l’assuefazione, diminuendo così ogni stimolo alle reazioni.
Dobbiamo però dire che ad oggi questa pratica viene largamente utilizzata come semplice forma di intrattenimento intima nella coppia, per rendere la dinamica sessuale più varia e coinvolgente, senza estremizzazioni. Gli stessi psichiatri specializzati sostengono infatti che, se non c’è un disturbo grave da impedire il normale corso di una relazione affettiva, non stiamo parlando di parafilia ma di un divertimento di coppia come un altro.